Essere corpo nel lavoro: identità e “dover essere”

Lavorando con aziende appartenenti a contesti molto diversi tra loro, dopo un po’ ci si accorge che la similitudine di fondo più comune è sempre la stessa, e cioè che in alcune aziende gran parte delle energie, dell’attenzione e delle motivazioni, anziché essere rivolta alla risoluzione dei problemi, che tra l’altro coinciderebbe con gli obiettivi dell’impresa, viene assorbita da dinamiche legate all’identità dei singoli.

Dove esiste una maggiore differenza tra quello che le persone sono e quello che pensano di “dover essere”, le energie sono costantemente assorbite da questa tensione. Quest’attività monopolizza le energie di un individuo: se da un lato si occupa formalmente di risolvere un problema pratico, dall’altro la sua attenzione e la sua intelligenza sono distratte dal processo necessario a sostenere la propria immagine.

Il fatto è che fare al meglio al proprio lavoro, non diversamente da altre attività importanti della nostra vita, richiede un’attenzione piena e non parziale.

Ci si accorge di ciò osservando cosa ci succede fisicamente quando entriamo in un contesto dove esistono queste problematiche. La tensione in un ambiente è direttamente proporzionale allo scarto che c’è tra la realtà delle persone coinvolte e il personaggio che devono o vogliono interpretare.