A cosa serve interrogarci su come stiamo?

Tutti noi abbiamo degli schemi emotivi che mettiamo in atto quando ci muoviamo nel mondo.
Renderli consapevoli è quello che ci aiuta a poterli modificare quando necessario, uscendo dalla reattività, che molto spesso è la causa della nostra frustrazione, perché non ci permette di raggiungere il risultato sperato.
A volte ci troviamo a rispondere a situazioni diverse in modo simile o addirittura uguale, senza chiedervi se è davvero così che volevamo agire.

Questo elemento è quello che ci dimostra che ci sono delle rigidità che non ci permettono di stare in contatto con quello che sta succedendo nel presente. Ce ne rendiamo conto perché dopo abbiamo un senso di frustrazione o di vuoto a cui non riusciamo a dare una spiegazione.

Negli incontri di counseling e coaching, l’ascolto attivo e la capacità di esprimere feedback senza giudizio alla persona che ho di fronte, sono gli elementi che meglio mi guidano nel sostenere chi si rivolge a me per superare momenti difficili e per trovare nuovi strumenti e nuove strade possibili da percorrere.

Le cosiddette “domande potenti” che, anche solo nell’essere dichiarate, permettono alla persona di prendere in considerazione un punto di vista che prima non riusciva a vedere o che gli/le danno la possibilità di intuire nuove conoscenze su sé stesso/a.

Quando succede questo spesso inizia un nuovo dialogo che diventa utile per iniziare comprendere meccanismi o schemi di comportamento fino ad allora inconsapevoli o ritenuti impossibili da vedere da chi mi sta di fronte. Comportamenti che dopo aver compreso, potrà iniziare a trasformare rendendoli più consoni al proprio sentire.

Una delle domande più comuni e semplici “Come stai?” è una di queste.
In un incontro di counseling, riuscire ad andare oltre la prima risposta che ci viene in mente, il classico “bene”, ci permette di iniziare ad interrogarci sul nostro reale sentire.
Consapevolezza che ci permette di avere la chiave per aprire nuove porte rispetto alle nostre possibilità.
Non sempre quello che sentiamo è condivisibile con altri. Ma averne la consapevolezza interiore è quello che sicuramente ci aiuta a prendere decisioni, a fare scelte e, più in generale a decidere come muoverci nel mondo.

Secondo il neurologo John Kounios uno dei modi che il cervello utilizza per ridurre il nostro carico mentale è accettare le cose senza fare domande o accontentarsi di presupposizioni.
Tornare ad essere curiosi e riappropiarci di questa capacità, molto sviluppata quando siamo piccoli, ci offre quindi la possibilità di considerare nuove opportunità che altrimenti non prenderemmo in considerazione.
Capacità che peraltro è alla base dell’apprendimento in ogni fase della vita.

Ritengo che re-imparare a farsi delle domande e ad osservarsi è uno degli strumenti fondamentali che un percorso di counseling lascia alle persone che lo percorrono.