Un’altra storia è possibile.

Credo sia questa frase che mi ha spinta a diventare counselor e coach: mi ha aiutata a dare profondità alla mia professione, anche se preferirei chiamarla vocazione.

Sono partita da una storia, quella che credevo fosse la mia, ma che percepivo non mi rispecchiasse fino in fondo: non ci stavo comoda, mi rendevo conto che la persona che ero a 36 anni non mi rappresentava a pieno, che c’erano delle parti di me ancora nascoste o che conoscevo solo parzialmente e che facevano fatica a palesarsi.

Questi anni di lavoro su me stessa (non posso fare a meno di credere che per arrivare alla scoperta di sé ci sia bisogno di un impegno costante e quotidiano, un vero e proprio lavoro), mi hanno insegnato quanto il dialogo costante con la mia parte più intima mi abbia dato la possibilità di entrare in contatto con un mondo emotivo e con sfumature della vita che prima non potevo nemmeno immaginare. (altro…)

Sempre di più, le grandi aziende si stanno impegnando ad adottare iniziative che rendano il luogo di lavoro accogliente, stimolante e piacevole per aumentare il benessere dei loro dipendenti, sia a livello fisico, magari aprendo centri benessere all’interno delle sedi o fornendo sconti per le palestre, sia a livello di relazioni, organizzando giornate in cui i lavoratori possono confrontarsi e conoscersi meglio tra loro anche in contesti creativi o differenti da quelli a cui sono abituati. (altro…)

Chi gestisce un contesto lavorativo ha anche l’obiettivo di costruire un ambiente in cui la motivazione dei dipendenti sia alta: per ottenere questo è fondamentale creare una realtà in cui ogni singolo individuo si senta parte di un meccanismo più grande, ma allo stesso tempo autonomo e responsabile nelle sue scelte, e soprattutto soddisfatto del suo lavoro.

Per rafforzare questi sentimenti esistono sistemi di gestione del personale che tendono a consolidare e valorizzare le capacità e le caratteristiche di ogni individuo, lavorando sulle situazioni di svantaggio per rendere il dipendente più forte e sicuro nelle sue possibilità di scelta e intervento. (altro…)

Che cosa serve per diventare un buon professionista? Capacità, competenza, esperienza. Ma non solo.

Secondo Howard Gardner, padre delle intelligenze multiple, infatti, è necessario anche essere persone “buone”, ovvero altruiste ed etiche per essere dei buoni professionisti, cosa che le cattive persone non potranno mai auspicare di diventare, nonostante la loro preparazione.

Nessuno può essere definito nettamente buono e cattivo, ma è possibile bilanciare le caratteristiche per riconoscere a quale gruppo ciascuno di noi appartiene: a fare la differenza, in ambito professionale, è la capacità di mettere l’anima, di applicare emozioni, sentimenti e impegno nel proprio lavoro, di tralasciare il bene e il profitto personale in nome delle esigenze di tutti, ed è proprio questo elemento umano che completa il profilo di un buon professionista. (altro…)

Il luogo di lavoro: l’ambiente in cui passiamo mediamente un terzo delle nostre giornate, fonte di soddisfazione e gratificazione ma, spesso, anche di stress.

Lo stress da lavoro può colpire in modi diversi a seconda delle condizioni lavorative, del rapporto con i capi e i colleghi, o dei ritmi che siamo tenuti a sostenere: ci sono alcuni paesi, come il Giappone, in cui la morte per lavoro eccessivo è diventato un vero e proprio fenomeno sociale in espansione, ma, anche senza arrivare a questi eccessi, il 54% della popolazione mondiale afferma che lo stress derivi principalmente dal lavoro. (altro…)